383° anniversario della morte di FRANCESCO COLONNA, SECONDO PRINCIPE DI PALESTRINA
Le fonti a disposizione non permettono di stabilire il luogo e la data di nascita di Francesco Colonna, figlio di Giulio Cesare e di Artemisia Orsini.
Palestrina “Città nobilissima ed antichissima” era stata elevata a principato il 22 febbraio 1571 da Pio V e a Giulio Cesare era stato conferito il titolo di primo principe della Città.
La prima informazione biografica che si ha di Francesco è quella della sua partecipazione ad una festa in onore di S. Agapito svoltasi in Palestrina il 18 agosto 1592, durante la quale Pomponio Brunello recitò una famosa Orazione. Nel 1593, alla morte del padre, grazie ad un atto di rinuncia del fratello Giacomo, divenne successore di diritto nei titoli e nei beni del genitore. Per ingraziarsi la popolazione, come primo atto ordinò che fossero compiuti i lavori necessari a migliorare le strade di Palestrina e a rendere più agevole l’ingresso alle quattro porte principali della città.
Nel 1594 si recò in Francia e nelle Fiandre, militando nelle truppe di Alessandro Farnese che accorrevano in aiuto della lega cattolica severamente impegnata da Enrico IV di Borbone e dagli ugonotti. “Fu egli di meraviglioso ingegno in fabricar machine di guerra – scriveva di lui Mugnos pochi anni dopo la sua morte – e dotto non puoco nella Matematica, perilché fu mandato dal Re Catolico col carico di Rivisore di tutte le fortezze di Fiandra” (Historia della augustissima famiglia Colonna, Venezia 1658).
Tornato in Italia, si unì in matrimonio con Ersilia Sforza, figlia di Federico, e cercò di estendere i propri possedimenti. Impugnando una vecchia convenzione stipulata tra il nonno Stefano e Alessandro Colonna nel 1540, venne a un accordo con la cugina Giulia e si fece cedere il feudo di Castelnuovo che era stato temporaneamente affidato alla Camera apostolica. Comunque il suo soggiorno in patria fu di breve durata perché il Colonna ottenne di ritornare sotto le bandiere spagnole.
Tra il 1598 e il 1604 fu a capo di un reggimento di mercenari napoletani nei Paesi Bassi e in Germania. Nominato revisore generale delle piazzeforti delle Fiandre, Francesco mantenne quest’incarico solo un anno e, sebbene nominato cavaliere del Toson d’oro e Vicerè del Regno di Sardegna, fece ritorno in patria senza aver ottenuto le sperate fortune (fu anzi remunerato in maniera inferiore agli altri principi italiani) e con la fama di avere un incontenibile quanto disastroso amore per il gioco d’azzardo.
Dal 1614 fissò la sua dimora stabile nel palazzo di Palestrina, dove si adoperò per facilitare la fondazione di un convento di monache clarisse. Invano tentò di sfuggire alla rovina che investiva la sua famiglia: incalzato dai creditori, “dopo cinque anni di espedienti, di sprechi e di suppliche al re di Spagna”, si decise a vendere la città di Palestrina a Carlo Barberini, fratello di Urbano VIII e acquirente nello stesso periodo di numerosi altri possedimenti.
Il contratto di vendita venne stipulato il 16 gennaio 1630: ai Barberini, oltre alla città, furono cedute le tenute di Algido, Mezza Selva e Corcollo; al Colonna restarono soltanto alcuni feudi di secondaria importanza nell’Abruzzo e nel Lazio, e solo un breve di Urbano VIII – che elevava i possedimenti di Carbognano a principato – lo salvò dalla vergogna di non poter vantare nemmeno un titolo nobiliare.
Consegnando Palestrina ai Barberini, Francesco fece rimuovere le ossa dei Colonna sepolti nella cattedrale di sant’Agapito e le fece tumulare nella basilica di S. Maria Maggiore.
Morì l’11 dicembre 1636 lasciando due figli, Giulio Cesare e Agapito.
Angelo Pinci