CONTINUITA’ DI TRASFORMAZIONE DI UN SISTEMA INSEDIATIVO

CONTINUITA’ DI TRASFORMAZIONE DI UN SISTEMA INSEDIATIVO

13 Giugno 2019 0 Di angelo

Continuità di trasformazione di un sistema insediativo

Dall’Antica Praeneste all’attualità di Palestrina

Nella giornata dedicata alle “esperienze di ricerca avanzata nella storia e nel restauro dell’architettura”, organizzata dal Dipartimento di Storia di disegno e restauro dell’architettura dell’Università Sapienza di Roma, è stato aperto un dibattito riguardo la ricerca della dottoranda (XXXII ciclo) Marta Lo Russo: “Dall’Antica Praeneste all’attualità di Palestrina”; Lo Russo ha raccontato il suo percorso negli anni di dottorato e, precedentemente, negli studi universitari intorno alla città di Palestrina e in particolar modo sull’area cosiddetta del Pianoro:ossia quell’area compresa tra via degli Arcioni, Viale Pio XII, Via Prenestina Nuova e attraversata trasversalmente dal braccio di via Madonna dell’Aquila.

L’area che ingiustamente viene definita Pianoro è in realtà un quadrilatero che si inerpica lungo le fitte curve di livello della città e che raccoglie in sé resti archeologici di estrema rilevanza, ma che sono perlopiù lasciati al degrado e all’incuria o inglobati e trasformati in sostruzioni di case, muri di contenimento, decorazioni di giardini privati.

L’architetto Lo Russo si pone e ci pone una domanda partendo da un ragionamento a monte: dal secondo dopoguerra l’interesse verso la parte bassa della città va via via scemando, lasciando il posto agli sventramenti del centro storico per riportare alla luce i resti del tempio della dea Fortuna Primigenia; nonostante il tentativo del Piano di Ricostruzione redatto da Fasolo, Gullini, Piccinato, avesse messo in luce l’importanza dei resti ben visibili, vincolando la zona, l’abusivismo edilizio ha avuto per la maggiore lasciando fare alla cementificazione tutto il lavoro di cancellazione di numerosi reperti e abbandonando ad un forte stato di degrado quelli sopravvissuti: l’area di Valle Zampea e quella prospiciente via degli Arcioni, il ninfeo di ingresso alla città sito all’interno del parco Barberini, le terme di via Madonna dell’Aquila, e tutte le cisterne e le domus ancora visibili in scantinati e giardini delle case private; qual è la strategia di miglioramento che si può attuare? Sicuramente l’operazione da fare è la rilettura del territorio, coinvolgendo più attori e affrontando a livello interdisciplinare la questione tentando di trovare la chiave di volta che riesamini il sistema urbano, storico e archeologico dell’antica Praeneste.

È seguito, poi, l’intervento del funzionario dell’area archeologica di Palestrina, Leonardo Bochicchio: Archeologia urbana a Palestrina: il caso delle necropoli dell’antica Praeneste. Bochicchio ha illustrato il caso della necropoli di Praeneste raccontando come la zona della Colombella, che trae il suo toponimo proprio dai cippi che venivano fuori dai terreni inesplorati, intorno al ‘700 e all’800 divenne motivo di interesse sia per le famiglie come i Barberini, ma anche per i cultori e i mercatanti che ne approfittarono per gonfiarsi le tasche all’interno del mercato antiquario romano e i bramosi musei dell’epoca.

Molti ritrovamenti li possiamo apprezzare non solo all’interno del Museo archeologico di Palestrina, ma anche all’interno del Museo di Villa Giulia o ancora all’interno di Villa Poniatowsky e, andando verso oltralpe, nel Museo Louvre di Parigi. Questa vendita compulsiva dei reperti venne frenata dall’Editto Pacca (1820) il quale imponeva di documentare i ritrovamenti. Vennero così alla luce le Tombe Barberini, Galeassi e Bernardini con le relative documentazioni storiche.

Gli scavi più recenti (dal 1993 al 2011) hanno permesso di ricucire le fasi storiche, ignorate in quelli fatti nell’800 proprio perché effettuati in aree frammezzate e la cui proprietà era perlopiù incerta.

Il 14 giungo 2019, nell’evento: “A tavola! Le abitudini alimentari dei prenestini tra I e II secolo d.C. dalla necropoli della Muracciola”, che si terrà nel Complesso del Foro di Praeneste, verranno messi in mostra proprio i ritrovamenti di questa necropoli, ai quali la Soprintendenza ha potuto lavorare senza avere problematiche relative a scavi archeologici precedenti che ne hanno interrotto la continuità storica.

Lea Stazi