IL TRIANGOLO BARBERINI: UN “SONTUOSO PALAZZINO” SEICENTESCO
“Il Triangolo Barberini è un edificio dalla forma planimetrica basata su un triangolo equilatero, un caso unico nella storia architettonica, che rischia di scomparire per sempre, poiché il degrado cui questo bene architettonico è abbandonato ormai da lungo tempo ne ha già comportato un grave depauperamento e minaccia di tradursi presto in un totale sfacelo”, così iniziano un loro articolo Rodolfo Strollo e Alessandro Moroni (Lazio ieri e oggi, n° 620, 2018).
Si tratta di un articolo preliminare di uno studio più approfondito che si spera possa essere pubblicato prima possibile. Rodolfo Strollo, infatti, titolare della cattedra di Rilievo dell’Architettura nella Macroarea di Ingegneria dell’Università degli Studi di Roma Tor Vergata, sta eseguendo un rilevamento scientificamente attendibile, prima d’ora mai attuato, dell’edificio e del complesso di costruzioni compreso nella cosiddetta “Chiusa Barberini”. I Barberini vennero in possesso dell’area, che si trova lungo la strada dell’Olmata, nel 1630, quando acquistarono tutto il feudo prenestino dai Colonna, e vi costruirono il triangolo e i cosiddetti Casini che comprendevano anche una piccola chiesa dedicata a S. Filippo Neri. Tra le varie date proposte per la costruzione degli edifici, gli autori sostengono che la più verosimile è quella del 1642, anno in cui il nome del “triangolo” compare in un documento riferito ad alcuni lavori di scavo fatti fare da Taddeo Barberini, primo principe della Città, così come, verosimilmente, la costruzione fu “una sorta di capriccio, divertissement architettonico extra moenia”.
Progettista del Triangolo è sempre stato considerato Francesco Contini, architetto di famiglia, appartenente alla corrente del Barocco romano che si rifaceva al Borromini. Il rilievo del fondo e delle costruzioni effettuate dal Laboratorio LAREA, di cui è direttore scientifico lo stesso Strollo, ha consentito di approfondirne la conoscenza. Il Triangolo è costituito da un corpo principale, un’altana e un piano interrato. L’altana ha la forma di un esagono semiregolare, forma che si ripresenta nell’ambiente centrale presente nei piani; lo studio ha evidenziato un’incongruenza con la matrice simmetrica complessiva, finora mai evidenziata, cioè la presenza al piano interrato di un vano aggiuntivo di forma quadrata, a cui si accede attraverso un boccaporto dal piano di campagna esterno. Anche i prospetti esterni hanno un impianto marcatamente simmetrico sottolineato dall’ingresso, dal balcone al piano nobile e dalla finestra dell’altana.
L’esame del complesso ha messo in evidenza un altro elemento rimarchevole, cioè la presenza di alcune statue, realizzate in muratura, raffiguranti dei “gendarmi” con armatura ed elmo; tre di esse avevano anche la funzione di comignolo, ma delle nove che si ritiene fossero in origine, oggi ne rimangono solo due, ipotesi questa avvalorata dal disegno della mappa del fondo realizzata da Gian Battista Cingolani nel 1675.
L’articolo di Strollo-Moroni, passa poi ad esaminare le finiture interne, il pavimento realizzato in acciottolato del piano terra, suddiviso geometricamente in fasce e spicchi al cui interno sono raffigurati api, soli, fiori ed erme con figure femminili, e le decorazioni a fresco, andate quasi completamente perdute. L’ultima parte è dedicata alle raffigurazioni e rappresentazioni del complesso, dalla pianta del Cingolani (1675) al Catasto Gregoriano (1819), e, soprattutto, ad evidenziare come le attuali condizioni, “conseguenti all’incuria e agli atti vandalici subiti, sono critiche…Il fondo è anch’esso pressoché inselvatichito e assediato da aree industriali in pieno sviluppo”.
L’auspicio degli autori è che un’opera di così elevato interesse storico-architettonico non venga ulteriormente compromessa, anzi ne venga promosso quanto prima il restauro, insieme ai Casini ed al portale.
Angelo Pinci
Molto interessante e particolare. Sarebbe importante vedere le piante del secondo e terzo piano per visualizzare gli accessi.
complimenti per lo stato di conservazione e cura del luogo e del circondario
IO CI SONO NATO,MIO PADRE ERA IL FATTORE,RICORDO ANCORA I FRUTTETI,PESCHETI E MELETI.
I FRUTTETI ERANO PIANTATI A FORMA TRIANGOLARE-WILLIAMS-BUDIRA-PASSA GRASSANA.FU PREMIATO MIO ZIO PAOLACCI RAFFAELE FATTORE DI MEZZA SELVA-CARCHITTI-PER L’IMPIANTO.
(LE PIANTE DI MELE ERANO SUI VIALI INTERMEDI.
Franco Paolacci