450 ANNI PER L’ELEVAZIONE DI PALESTRINA A PRINCIPATO

450 ANNI PER L’ELEVAZIONE DI PALESTRINA A PRINCIPATO

19 Febbraio 2021 0 Di angelo

Il 22 febbraio 1571 Pio V  elevò la Città di Palestrina a principato, rammentando i meriti del ramo colonnese di Palestrina, “Città nobilissima ed antichissima”, conferendo a Giulio Cesare Colonna il titolo di Principe; oltre la Città, il Papa gli assegnò anche le dipendenze di Castel San Pietro e Castell’Algido, ossia Mezzaselva.

I Colonna erano presenti a Palestrina fin dal 970, quando Giovanni XIII concesse la Città e i suoi territori alla senatrice Stefania, che ne poteva disporre fino alla terza generazione. Quando tale concessione decadde, il conte Giovanni Colonna impugnò le armi contro l’allora pontefice per poter tenere ancora quelle terre, ma fu costretto a rifugiarsi nella rocca prenestina dove fu assediato dalle truppe di Benedetto VIII (1012), dando iniziò così a quella lunga lotta col papato che si protrasse per secoli.

Nel 1108 Pasquale II tolse di nuovo ai Colonna il feudo prenestino, che rimase alla Chiesa per circa dieci anni. Regnando Onorio II (1124-1130), i Colonnesi rioccuparono Palestrina che da allora rimase loro feudo fino al XVII secolo. E dei Colonna la Città seguì le sorti e l’alterna fortuna.

Nel 1298 Palestrina subì la prima tremenda distruzione ad opera di Bonifacio VIII. Il Pontefice ordinò ai Cardinali Giacomo e Pietro Colonna di consegnare le loro terre, tolse loro la dignità cardinalizia e li scomunicò come scismatici, ma questi, solo dopo un assedio durato circa un anno si arresero alle truppe papali. La Città fu rasa al suolo “sull’esempio della Cartagine africana”, ma Palestrina era sede vescovile e, come tale, non poteva essere abolita, per cui, morto Bonifacio VIII, Clemente V, nel 1305, permise ai Colonna di tornare a rifabbricarla e recingerla con nuove mura. La Città continuò a subire nuove traversie e, a distanza di poco più di un secolo, subì una seconda terribile distruzione (1436) ad opera delle truppe del cardinale Vitelleschi. “Questi – scrive un cronista dell’epoca – vi mandò dodici mastri di Roma a farla infocare, spianare, sradicare, smurare, ed in tutto disabitare, la quale cosa durò per tutto il mese di aprile”.

Ancora una volta, però, i prenestini ricostruirono la loro città e, dieci anni dopo, Nicolò V la restituì ai Colonna. La zona che per prima fu rioccupata fu quella più in alto detta dello Scacciato, al di sopra del palazzo baronale. Alla metà del secolo seguente, Palestrina fu coinvolta nella guerra tra il re di Spagna Filippo II e Paolo IV. Marcantonio Colonna, il futuro vincitore di Lepanto, ribellatosi al papa insieme ad altri nobili romani, e passato dalla parte degli imperiali, fu scomunicato e spogliato dei suoi beni.  Dopo la grande vittoria di Lepanto, però, Marcantonio riottenne i suoi feudi e fu insignito da Pio V della dignità di Principe di Paliano, e Giulio Cesare del titolo di Principe di Palestrina.

Giulio Cesare doveva essere un uomo di grande cultura, amante delle lettere e della musica e promotore di entrambe le arti. Nella Storia letteraria d’Italia (a cura di G. da Pozzo) si legge che nel 1570 fondò a Bologna l’Accademia dei Confusi “per esercitarsi nella virtù con tutte le proprie forze, affine di giovare e dilettare insieme…”. Fu sempre lui a far pubblicare a Giovanni Pierluigi, che glielo dedicò, il secondo volume dei madrigali a quattro voci (Venezia 1586).

Altra testimonianza sul principe è la lapide in marmo posta sulla fontana del Borgo, dove si legge che egli restaurò e ampliò nel 1581 non solo la fontana ma probabilmente l’intero fabbricato su cui era collocata Giulio Cesare Colonna, primo Principe di Palestrina morì il 18 agosto 1592, proprio nel giorno di festa del santo patrono.

Nella tela di palazzo Barberini, opera di Niccolò Ricciolini 1764 c., Pio V nomina Giulio Cesare Colonna Principe di Palestrina.