UN MOSAICO PRENESTINO ESPORTATO ALL’ESTERO “CON REGOLARE PERMESSO”
Il mercato antiquario, l’esportazione all’estero e la legge di tutela n. 364 del 1909. Personaggi, episodi, opere d’arte e reperti archeologici è il titolo di un articolo di Sandra Gatti pubblicato sulla rivista Orizzonti. Rassegna di archeologia XXI – 2020.
Nell’articolo, Sandra Gatti esamina il clima culturale e politico che determinò nel 1909 l’emanazione della legge di tutela delle opere d’arte, la cosiddetta “legge Rava-Rosadi”, con la quale il governo italiano tentò di arginare il massiccio fenomeno dell’esportazione di reperti archeologici ed opere d’arte che, tra la seconda metà dell’Ottocento e i primi anni del Novecento, andarono ad arricchire i principali musei di tutto il mondo, in particolare europei ed americani.
Quella dispersione del patrimonio artistico italiano fu sostenuta da un vivace mercato antiquario in cui erano attivi non solo commercianti e mediatori di pochi scrupoli, ma anche autorevoli esponenti del mondo scientifico dell’arte e dell’archeologia. La dispersione fu amplificata anche dalla vendita delle grandi collezioni delle famiglie aristocratiche italiane, come quelle del marchese Campana o della famiglia Castellani; basti pensare che dalla collezione Campana, quasi ottocento opere andarono a finire al Nuovo Hermitage di San Pietroburgo in Russia.
A Roma, il problema era molto sentito e con la legge del 1909 si tentò di conservare le opere d’arte nel suo insieme, non più solo i singoli beni, pubblici o privati che fossero. Per alcuni anni l’esportazione delle opere d’arte diminuì, ma riprese alla grande nel periodo della seconda guerra mondiale, con le razzie dei tedeschi, facilitate anche dai permessi di esportazione dati da Galeazzo Ciano e lo stesso Mussolini nonostante il parere contrario delle Belle Arti.
Tra le opere d’arte portate all’estero con regolare permesso, “ma verosimilmente dietro forti pressioni” – scrive Sandra Gatti – è un mosaico policromo tardo repubblicano, raffigurante il rapimento d’Europa, proveniente da Palestrina ed oggi conservato in Germania nel Museo di Oldenburg. Scoperto nella zona del quadrilatero nel 1676, fu conservato fino al 1692 nel palazzo baronale prenestino e poi trasferito dai Barberini a Roma, alle Quattro Fontane. Il permesso di esportazione fu rilasciato il 28 giugno 1941 ed era esente da tassa a seguito della convenzione stipulata fra lo stato italiano e gli eredi Barberini, approvata con Regio Decreto 705 del 26 aprile 1934.
Alla fine della guerra si calcolò che erano state portate via dai musei italiani circa duemila opere.
Nel dopoguerra crescerà sempre più la piaga degli scavi clandestini e dell’esportazione illegale, che raggiungerà picchi impressionanti negli anni ’70 e ’80 e che ancora oggi, anche se in forma minore grazie alle norme europee, ci affligge.