DARE UN VOLTO ALLE BUONE MISURE: ARISTOTELE E LA PESA PUBBLICA A ZAGAROLO. UN SAGGIO DI GABRIELE QUARANTA
Nell’ultimo numero di Latium, la rivista di studi storici edita dall’Istituto di Storia e di Arte del Lazio Meridionale (n. 40/2023), tra gli altri, un saggio di Gabriele Quaranta (pp. 67-80) è dedicato a Zagarolo: Dare un volto alle buone misure: Marzio Colonna, Aristotele e la Loggia della pesa pubblica a Zagarolo.
Quaranta si è occupato della pesa pubblica che la famiglia Colonna aveva in Zagarolo, città che possedette da prima del 1105 fino al 1622. La pesa si trovava lungo l’antica Via Maestra (oggi Antonio Fabrini) nel luogo detto “il portichetto, una piccola loggia a due campate – scrive l’autore – coperta da volte a crociera e aperta da archi a sesto ribassato in conci di tufo locale, sostenuti da una colonna di spoglio con capitello ionico”.
La funzione di quel luogo si desume dall’iscrizione posta in facciata: AEQUA PONDERA / LEGITIMAS MENSURAS / PRINCEPS FIXIT / ILLA SERVANTO / FALLENTIA ABICIUNTO, cioè “Il Principe ha fissato qui i giusti pesi e le legittime misure: si osservino questi, si aboliscano quelli fallaci”. Il principe in questione era Marzio Colonna e l’iscrizione, per l’autore, si daterebbe al 1605, data riportata in iscrizioni simile apposte sui due edifici pubblici nella vicina piazza Marconi.
La loggia si inserisce nel quadro dell’ampia riorganizzazione urbanistica con la quale il duca trasformò il castello fortificato in una città ideale. Le misure citate nell’iscrizione sono andate perdute, tranne una lesena, posta sulla parete di fondo, composta da diversi frammenti marmorei che ospita incise quattro misure lineari, rispettivamente cm. 200, 220, 84 e 128; tenendo presente l’unità di base del piede romano (circa cm. 22-23), le prime tre dovrebbero corrispondere alla canna mercantile, a quella architettonica e al braccio mercantile, la quarta al passo geometrico.
Sulla lesena è un busto scolpito, chiamato localmente “Lu Giustu”, garante della correttezza di quei pesi e misure; raffigura un personaggio maschile, un vecchio con barba e lunghi capelli coperti da un copricapo a calotta. Secondo la tradizione locale si identificava con papa Clemente IX Rospigliosi ma, avendo questi ultimi acquisito il ducato dai Ludovisi nel 1670, la datazione della loggia sarebbe stata spostata di circa 70 anni in avanti. Lo studio di Quaranta mette in evidenza che il copricapo del busto non può essere accostato ad una tiara papale e, probabilmente, la vera natura sia stata fin dall’inizio non ritrattistica ma allegorica. Facendo confronti con la tradizione figurativa rinascimentale, egli lo associa ad un’incisione di Enea Vico, datata 1546, che raffigura il filosofo greco Aristotele, in abito rinascimentale, ritratto con le stesse sembianze, un vecchio dalla barba fluente e con un copricapo a calotta. Così come anche lo collega al ritratto di Aristotele, opera di Taddeo Zuccari per palazzo Farnese a Caprarola, o al bassorilievo in marmo attribuito a Vincenzo Grandi e conservato nel Museo del Prado a Madrid, o ancora ad un’altra incisione raffigurante un busto in pietra del filosofo al Palais des Tuileries a Parigi.
Il confronto con queste immagini porta ad interpretare Lu Giustu col filosofo greco, oltre che ad ancorarne con più sicurezza la datazione al momento della costruzione della loggia. “Chi meglio di lui – conclude Quaranta – poteva incarnare l’equità e soprattutto la legittimità – come da iscrizione – dei pesi e delle misure collocati dall’autorità ducale e conservati nella loggia?”.