ENRICO BRAGHESE EDITORE PRESENTA LA SECONDA EDIZIONE DI ENRICO TOTI ICONOGRAFIA DI UN EROE
Forse pochi sanno che Enrico Toti, “l’eroe della stampella”, per parte di madre è anche prenestino. La sua storia è molto particolare; nacque a Roma il 20 agosto 1882 da Nicola, ferroviere di Cassino, e da Simira Calabresi di Palestrina. La sua breve vita è stata caratterizzata da vari episodi che ne hanno esaltato il temperamento, primo fra tutti il “Giro del mondo in bicicletta”, ma con una gamba sola, fino a portarlo all’atto di eroismo finale.
Il primo episiodio che segnò la sua vita fu quando, lavorando alla stazione di Colleferro-Segni, mentre stava lubrificando la giuntura tra due vagoni, rimase incastrato tra i due che gli tranciarono la gamba sinistra; da quel momento per camminare ebbe bisogno della “stampella”. Ma Toti aveva un carattere forte e benché privo di una gamba si dette al ciclismo. Il 2 ottobre 1911 partì da Roma per il giro d’Europa insieme ad un amico che però desistette dopo pochi giorni già stremato. La sua intenzione era non solo quella di onorare il tricolore italiano nel mondo, in quegli anni pervasi di nazionalismi, ma soprattutto di dimostrare a sè stesso di non essere un invalido. “Il mondo ha bisogno di uomini forti” – diceva – e partì per l’Europa. Attraversò in bici Francia, Olanda, Germania, Danimarca, Svezia, Norvegia, Lapponia, Finlandia, Russia, Austria.
Il 12 giugno 1912, dopo otto mesi e dopo aver percorso già 18.000 km, è a Vienna. Nei mesi successivi proseguì il suo giro sbarcando in Egitto dove, sempre in bicicletta, risalì il Nilo fino alla Nubia, ma lì le autorità inglesi non gli permisero di andare oltre in quanto avevano constatato che ormai era allo stremo delle forze.
Ma non finì lì. Scoppiata la prima guerra mondiale partì con la sua bici per il fronte ma la sua domanda di arruolamento volontario venne respinta; si rivolse allora al Duca d’Aosta pregandolo di aggregarlo a qualche corpo “lusingato dalla speranza di morire da eroe per la Patria o entrare tra i primi a Trieste”. Fu così assegnato al 3°Battaglione Bersaglieri Ciclisti nel gennaio1916. Prese parte a tutti i servizi di guerra e nell’aprile, a Selz, fu ferito all’occhio destro; la sua parabola stava ormai per compiersi.
“Il 6 agosto 1916, nel combattimento di quota 85 est di Monfalcone tanciavasi arditamente sulla trincea nemica,continuando a combattere con ardore, quantunque già due volte ferito. Colpito a morte da un terzo proiettile, con esaltazione eroica lanciava al nemico la gruccia e spirava haciando il piumetto con stoicismo degno di quell’anima altamente italiana”, così dice testualmente la motivazione per il conferimento della medaglia doro con cui fu decorato alla memoria dal Re.
Roma gli dedicò una statua al Pincio e molte città italiane, tra cui anche Palestrina, gli hanno dedicato una strada; per lui fu emesso anche un francobollo nel 1934 e soprattutto molte cartoline sia commemorative che propagandistiche, fotografiche ma anche disegnate da valenti illustratori come Cambellotti, Oppo, Vaccari, Mastrojanni, Musacchio, Lucciola. Vellan, Mona, Assenza, Beltrame, Ferrari, ecc.
Nel 2016, nella ricorrenza del centenario della morte di Toti, pubblicammo un libro intitolato Enrico Toti iconografia di un Eroe, dove ripercorrevamo la vita dell’eroico bersagliere e presentavamo una variegata documentazione iconografica cha va dai quadri alle fotografie, dai quaderni ai libri, dalle medaglie alle curiosità, ma soprattutto tutte le cartoline conosciute che gli furono dedicate, più di cinquanta, un’enormità, considerando che a tutti i decorati con medaglia d’oro è stata dedicata una o al massimo due cartoline.