LA QUARTA LETTERA DI UNO ZUAVO PONTIFICIO DA PALESTRINA: LA MACCARONATA DAL CANONICO TEOLOGO DI CAVE

LA QUARTA LETTERA DI UNO ZUAVO PONTIFICIO DA PALESTRINA: LA MACCARONATA DAL CANONICO TEOLOGO DI CAVE

25 Febbraio 2023 0 Di angelo

Dalla maccaronata di Palestrina, Chauff passò dieci giorni dopo ad un’altra  maccaronata. Nella lettera spedita il 15 dicembre 1864, egli racconta un’altra grande mangiata, questa volta fatta nella vicina Cave.

Durante il soggiorno degli zuavi a Palestrina, un pomeriggio, dopo l’esercitazione, Henri Chauff, insieme agli amici Paul de la Messelière e Gaston de Montcabrier, fece una puntata a Cave “a tre o quattro colpi di fucile, cioè a tre o quattro chilometri dalla caserma di santa Lucia”. Dopo aver fatto il giro delle mura di Cave, mentre si apprestavano a tornare a Palestrina, furono fermati dal “signor canonico teologo” che li invitò a casa sua e offrì loro una “macaronata”. Ma era troppo tardi e i tre zuavi promisero di tornare il giorno dopo.

Puntuali, si presentarono il giorno dopo e furono ospiti a pranzo del canonico e della sorella Domitilla, per una cena “assolutamente cardinalesca”. “Il buon canonico – scrive Chauff – era affascinante, pieno di spirito come noi, e di perfetta dignità”. Dopo il ricco pranzo e la visita della chiesa da lui officiata, gli zuavi tornarono a Palestrina non senza aver contraccambiato l’invito ad assaggiare la loro cucina al canonico e ad un suo amico, don Lupicuti, che avevano incontrato fuori la chiesa.

Il 14 dicembre, gli zuavi ricevettero il canonico di Cave e il suo amico don Lupicuti, in una stanza del primo piano del convento, non trascurando nulla affinché il pranzo fosse il più “regale possibile”, per dare un’idea dell’ospitalità francese. La tavola fu coperta da una tovaglia bianca su cui erano stati ordinati venti coperti: cucchiai e forchette d’argento, coltelli dal manico d’avorio, piatti di porcellana con fili dorati e bicchieri di cristallo a stelo – “una curiosità per questi paesi” – scrive Henri – “ma cosa inaudita a Palestrina così come a Cave, i biglietti in bella carta patinata, con il nome di ogni ospite, erano discretamente incastonati nelle pieghe di graziosi tovaglioli di raso disposti a giglio”.

Alla fine del pranzo, i due canonici rimasero colpiti dal lusso del servizio e del vitto loro offerto: “Salsicce, un grosso pezzo di manzo col contorno (cavoli, carote e patate), beccacce, una bella lepre, una crema di ricotta (formaggio di pecora) mantecato da me, aromatizzato con rum e cannella da de Montcabrier, e tempestato di confetti di tutti i colori, castagne non glassate, insalata di arance e formaggio; un Velletri come vino ordinario e un bianco Montefiascone come extra, più caffè e acquavite; diversi piatti pieni di quattro dozzine di sigari scelti: ce n’era davvero abbastanza per deliziare un intero Capitolo”.“Puoi essere convinto – conclude Chauff – che a Cave ora abbiano in grande considerazione gli zuavi”.

Pochi giorni dopo questa lettera e dopo sette settimane di servizio a Palestrina, gli zuavi tornarono a Frascati, rimpiazzati dalla seconda compagnia.

Nei disegni, una veduta di Cave dalla strada di Palestrina, e Villa Aldobrandini a Frascati. Il disegno di Cave è di M. de Gouttepagnon.