PRAENESTINA DISIECTA MEMBRA, UNA NOTA DI DAVID NONNIS
Praenestina disiecta membra è il titolo di una nota di David Nonnis inserita nel libro Pro merito laborum. Miscellanea epigrafica per Gianfranco Paci, pubblicato in questi giorni per le Edizioni Tored.
L’epigrafia repubblicana dell’antica Praeneste, studiata da Nonnis, è ricca di oltre 500 documenti, molto diversi tra loro che contribuiscono in modo significativo alla ricostruzione della storia della città dal IV sec. a.C. fino all’incorporazione nello stato romano, in tutti gli aspetti istituzionali, sociali, economici e religiosi. Permette, inoltre, di monitorare il fenomeno della mobilità geografica delle gentes prenestine non solo in Italia, ma anche nel Mediterraneo, a partire dall’isola di Delo e di conoscere le élites locali fino all’età imperiale.
La nota di Nonnis rivisita due iscrizioni della fase della città libera, alla luce di possibili ricongiungimenti con altri frammenti, uno dei quali inedito. Per il momento ci occupiamo soltanto della prima che si conserva a Mentana nella villa appartenuta a Federico Zeri tra i materiali della sua collezione. É su un blocco di travertino, mancante della parte sinistra; acquistato sul mercato antiquario, era stato rinvenuto, insieme ad altre epigrafi, “salendo a sinistra verso il duomo”, – come scrisse Attilio Degrassi che la pubblicò per primo nel 1963 – probabilmente negli interventi di ricostruzione che interessarono il centro storico nell’immediato dopoguerra.
L’epigrafe si sviluppa su quattro righe: […] M. f., L. Aulius L. f. Caisi(anus) / […vo]rticem lapidid / […sucru]ndam dedrunt / [Fo]rtunai. Del primo onomastico – scrive Nonnis – si conserva solo la filiazione (M.f.), per il secondo si tratta di un membro della gens degli Aulii, attestato a Praeneste dal III sec. a.C., come si ricava da numerosi cippi funerari; il cognomen Caisi(anus) ne rivela l’appartenenza ai Caesii, gens anch’essa attestata dal IV sec.
I due dedicanti promossero l’erezione o il rifacimento di una serie di elementi architettonici di un edificio consacrato alla Fortuna, forse proprio del tempio. L’integrazione del primo termine in vorticem, o verticem, un elemento architettonico in pietra a coronamento del tetto, appare obbligata.
A questa lastra Nonnis collega un altro frammento, rinvenuto dall’Associazione Archeologica Prenestina negli scavi che condusse tra il 1907 e il 1911, oggi conservato nel magazzino del Museo di Palestrina. Vi sono conservate solo tre lettere: […]RID[…] che Nonnis attribuisce all’ultima riga, nella parte che precede Fortunai e che, integrata con aridi Fortunai, permettono di capire che i lavori erano stati finanziati con i fondi tratti dal tesoro del santuario. “La facoltà di gestire ed utilizzare fondi tratti dal principale santuario della città – scrive Nonnis – rende inoltre certo lo status magistruale dei due promotori dell’intervento: aediles o quaestores della città libera… il nuovo dato consente di inquadrare tale intervento edilizio nell’area del più celebre santuario della città; i lavori fatti eseguire, che hanno comportato anche un precoce ricorso a materiale lapideo, non devono necessariamente riguardare una costruzione a destinazione propriamente cultuale, ma potrebbero piuttosto essere rapportati a strutture accessorie di servizio o ad elementi di arredo funzionali alla vita dell’area sacra”.