TERZO CENTENARIO DELLA NASCITA DI GIAMBATTISTA PIRANESI
Il 4 ottobre scorso è ricorso il terzo centenario della nascita di Giovanni Battista Piranesi.
Giambattista, di origine venete, è stato disegnatore, incisore, archeologo e architetto; attratto dalle magnificenze delle antiche rovine romane, si stabilì nella città nel 1740. Apprese da Giuseppe Vasi le tecniche dell’acquaforte e dell’incisione su rame, raggiungendo livelli eccellenti. Le sue opere incise, tutte di grande formato, rappresentano per la maggior parte monumenti dell’antica Roma e furono raccolte nel 1756 in un’opera di otto volumi:Antichità Romane de’ tempi della repubblica e de’ primi Imperatori, stampati in folio e contenenti ben 216 tavole.
Per il tricentenario la città di Tivoli gli ha dedicato un incontro dal titolo “Tivoli, città piranesiana”, dove è stato presentato un progetto che ripropone un percorso a tappe nel centro storico che toccherà tutti i 28 monumenti disegnati da Piranesi, un terzo dei quali è purtroppo scomparso. In corrispondenza di quei monumenti saranno posti dei pannelli con copia delle incisioni, i cui originali saranno esposti in una mostra sulle ville romane tiburtine che sarà allestita prossimamente all’interno del Museo civico di Tivoli.
Ma Piranesi ha rivolto la sua attenzione anche alle antichità prenestine, dedicandogli ben sei incisioni raccolte nel volume “Vasi, candelabri, cippi, sarcofagi, tripodi” che pubblicò nel 1778. La tavola 18 del primo tomo riproduce il rilievo con nave oggi esposto nel Museo Pio Clementino in Vaticano. Le tavole 50 e 51, dello stesso tomo, riproducono due candelabri “dissotterrati fra le rovine del tempio della Fortuna Prenestina circa l’anno 1620” – come scriveva Bartolomeo Cavaceppi sei anni prima.
Le tre tavole 57-58-59 sono tratte dal tomo II e riproducono un grande vaso in marmo, trovato nella Villa Adriana negli scavi del 1769 ed oggi esposto nel salone d’ingresso del British Museum. Rispetto a questo vaso c’è una controversia se la Villa in cui fu rinvenuto sia quella di Tivoli o quella di Palestrina, perché lo scopritore Hamilton in quell’anno scavò in entrambe le ville. Un articolo del The Illustrated London News, pubblicato il 25 settembre 1869, dovrebbe tagliare la testa al toro perché riporta che il vaso era stato scoperto “nel corso degli scavi fatti oltre un centinaio di anni fa nella villa di Adriano a Palestrina, vicino Roma”.
Le sei incisioni sono state pubblicate per la prima volta nel 2013 dallo scrivente, nel volume “Antichità di Praeneste nelle stampe”, e nel quale sono riportate le lunghe didascalie che le corredano. Per chi fosse interessato, qualche copia del volume è ancora disponibile.