UN MOSAICO DI PALESTRINA AI MUSEI STATALI DI BERLINO
Nei Musei Statali di Berlino è esposto un frammento originale del mosaico nilotico di Palestrina, forse una delle più belle scene raffigurate nel mosaico. Vi è raffigurata una scena di banchetto sotto un grande pergolato ad arco, a incannucciata; la struttura è ombreggiata e rallegrata da pampini e grappoli d’uva; Al di sotto vi sono due coppie di banchettanti che, abbracciate, si danno alla gioia del bere e del conversare, mentre una suonatrice di siringa (o flauto di Pan) li intrattiene. Dinanzi alla scena una barca di papiro è manovrata, con un’unica asta di legno, da un uomo.
Del frammento abbiamo trovato due cartoline edite dai musei berlinesi: la prima fu stampata prima del 9 novembre 1989, anno in cui fu abbattuto il muro di Berlino, perché nella didascalia della cartolina – stampata dalla ditta Berlin-Information – la città è indicata ancora come capitale della DDR. La didascalia è: “Ägyptische landschaft zur Zeit der Nilüberschwemmung Teil eines Mosaiks aus dem Heiligtum der Fortuna in Praeneste um 80 v.u.Z.”. La seconda è in vendita attualmente nel bookshop del Museo di Berlino e reca la seguente didascalia: “Mosaik mit Nillandschaft (Aussschnitt) aus Palestrina (Italien), Apsidensaal beim Heiligtum der Fortuna Primigenia. Späthellenistisch, Natursteine, Inv. Mos. 3. Foto Johannes Laurentius”.
Gli studiosi si sono sempre divisi sull’autenticità di questo frammento del mosaico, fin dal 1742, quando Francesco Gori, venutone appena in possesso, fu il primo a esprimere dei dubbi. Nel libro Inscriptionum antiquarum graecarum et romanarum que in Etruriae urbibus extant – che stava scrivendo e darà alle stampe l’anno successivo – afferma di aver acquisito in quell’anno un quadro musivo molto simile a quello del mosaico prenestino dopo averlo visto sulla piazza pubblica di Firenze, in prossimità della basilica metropolitana. Dalle notizie che poté raccogliere sulla sua provenienza, risultò che il mosaico era stato messo all’asta dopo la morte del nobile Pietro di Giovanni de Cloro, che lo aveva acquistato al momento della messa in vendita della collezione d’arte di Francesco Maria Medici. Quest’ultimo lo avrebbe ricevuto in dono dai Principi Barberini in occasione di uno dei suoi viaggi a Roma. Per scrupolo Gori volle accertarsi se il segmento mancasse al mosaico prenestino e pregò alcuni suoi amici di recarsi a Palestrina a controllare di persona. Gli sembrava strano che i Barberini, così gelosi di un monumento che consideravano come una gloria avita, avessero donato proprio il segmento originale. La pubblicazione del libro, però, urgeva, per cui lo mandò in stampa senza aver ricevuto l’attesa risposta.
Il segmento, accertato in seguito come l’originale, passò a Bayeruth e da lì a Berlino.
Come si spiega, dunque, la duplicità dei segmenti musivi? Lo storico Pietrantonio Petrini scrive che quello di Gori era una copia: “La medesima censura merita il Gori, il quale nell’anno 1743 comprò sulla piazza di Firenze un quadro di Mosaico rappresentante un pergolato, sul supposto che fosse un pezzo originale del nostro Litostrato; imperocchè dando una occhiata alle tante stampe, che ne sono state pubblicate, sarebbesi avveduto dell’impostura, cioè che il nostro pavimento non è altrimenti mancante di quel pezzo, e che il quadro da lui comprato era una copia di moderna mano”.
Petrini, però, aveva torto. Nel 1952, infatti, fu eseguito un restauro di consolidamento dell’intero mosaico, prima che fosse ricollocato nel Museo Nazionale Archeologico Prenestino, dopo le vicende della seconda Guerra Mondiale. Salvatore Aurigemma, allora Soprintendente alle Antichità del Lazio, appurò che il segmento in esame è in ogni sua parte dovuto ai restauratori del Seicento, perché le tessere usate in quell’occasione sono tutte alte da 7-8 fino a 15 millimetri, mentre le parti originali del mosaico hanno uno spessore che si aggira attorno ai 3 millimetri; anche lo stucco impiegato risulta di un impasto tipico del Seicento.
Aurigemma esclude che i mosaicisti restauratori abbiano giocato un tiro mancino al cardinal Francesco Barberini, facendo una copia del segmento e vendendo di nascosto l’originale; ipotizza, invece, che il segmento, durante il trasporto a Roma nel 1640 fosse andato in frantumi, e dello stesso furono fatti due esemplari: uno fu reinserito nel mosaico restaurato, l’altro donato dai Barberini a Francesco Maria Medici.