
UNA CARTOLINA…DAL PALESTRINA: EREZIONE DELL’OBELISCO VATICANO!
Una cartolina edita dalla reverenda Fabbrica di S. Pietro riproduce una stampa del 1586: “Dispositione e veduta generale delle machine che servirono per alzare l’obelisco vaticano”, tratta dall’opera dell’architetto Carlo Fontana, Della Trasportazione dell’Obelisco Vaticano.
I lavori per innalzare in Piazza S. Pietro l’obelisco egiziano furono diretti dall’architetto Domenico Fontana e imponenti furono i mezzi impiegati: 40 argani, 907 uomini e 75 cavalli. Innalzato da poco l’obelisco si trattava di collocarvi sulla sommità una croce di bronzo per farlo così assurgere a simbolo di Roma come centro del mondo cristiano. Lasciamo a Lino Bianchi, uno degli studiosi più importanti di Giovanni Pierluigi da Palestrina, il compito di raccontarci la cronaca di quell’avvenimento, durante il quale il musicista diresse il coro: “Era presente, quel giorno, 27 settembre 1586, una grande folla, e gli occhi di tutti si appuntavano sullo spiazzo tenuto sgombro attorno alla base dell’obelisco. Un vescovo consegna la croce al diacono, il diacono aiutato dai chierici dà inizio alla cerimonia dell’innalzamento del mistico simbolo. Ed ecco il Palestrina dare il via al coro, e il coro subito intonare il suo inno Vexilla regis prodeunt. Il lento ascendere della croce verso l’alto e il ritmo della polifonia suggestivamente si fondono in una medesima emozione. La croce ora ha raggiunto la sommità. Eccola eretta. La folla si inginocchia. II Palestrina attacca la seconda parte dell’inno, il coro scandisce il versetto O crux ave, spes unica. Squillano le trombe in segno di allegrezza, attorno all’obelisco si snoda la processione. Ecco i mansionari, i cappellani, i chierici beneficiati, i beneficiati. Poi è la volta del Palestrina. Tocca a lui, ora, per diritto di dignità, di procedere, a lui e ai suoi cantori. Tocca, si legge nella cronaca, “al signor Giovan Pietro Prenestini’’, in un’ennesima storpiatura del suo nome”.1
Arcangelo Paglialunga, in un altro articolo, scrive che il Palestrina uscì dalla casa in cui abitava – “alle prime propaggini del colle vaticano, di fronte al lato sinistro della Basilica, guardando verso l’attuale palazzo del Governatorato, il giorno in cui, in Piazza S. Pietro, venne innalzato l’obelisco: dicono le antiche cronache che portò con se diciannove cantori e, con essi, dette il dovuto sottofondo spirituale alla grande operazione, diretta da Domenico Fontana”.2
La stessa folla immensa e la lunga processione dei cantori saranno presenti anche otto anni dopo ai funerali del grande compositore. Alle ultime onoranze rese al Palestrina – il 2 febbraio 1594 – furono presenti i maestri cantori Giovanni Maria Nanino, Fabio Costantini, Giovanni Andrea Dragoni, Annibale Stabile, Giovanni Bernardino Nanino, ai quali si aggiunsero anche i più noti Luca Marenzio, Francesco Soriano, Paolo Quagliati, Francesco Anerio e Ruggero Giovannelli. Con essi, scrive ancora Bianchi, “la storia della musica scrisse durante un secolo alcune fra le sue pagine più felici e potenti”.
Palestrina fu sepolto nella Basilica vaticana, ma la sua tomba, sulla quale era inciso “Ioannes Petraloisius Praenestinus princeps musicae“, non è mai stata trovata. Secondo il maestro Domenico Bartolucci, direttore per oltre cinquant’anni della Cappella Sistina, la tomba, insieme a quelle di molti altri lì sepolti, andò distrutta durante i lavori di ristrutturazione della basilica, e tutti i resti mortali finirono in un ossario comune, che dovrebbe esser ubicato nella zona sottostante la cappella del Sacramento, nella navata destra.
- Lino Bianchi, Pier Luigi da Palestrina nella Roma del suo tempo, in Le vie d’Italia, 1962, n. 10.
- Arcangelo Paglialunga, Dov’è sepolto il Palestrina?, in Strenna dei Romanisti, 1998, pp. 295-305.